Noi non possiamo né dobbiamo lasciare che si dica che la cocente disfatta della candidatura di Marie-George Buffet alle elezioni presidenziali rappresenti una nuova “sconfitta storica” per il PCF e tutto ciò che rappresenta nel nostro paese. Semplicemente perché è falso.

L’ 1,93% non punisce il PCF, ma al contrario la strategia di cancellazione del PCF, di negazione dell’identità comunista perseguita e aggravata in occasione delle elezioni.

La direzione del PCF ha messo i comunisti di fronte al fatto compiuto. Essa porta l’intera responsabilità di un risultato pieno di conseguenze per il Partito e per il paese e non può oggi nascondersi dietro la scusa del rullo compressore del “voto utile” che è contraddetto dal risultato di Besancenot. 

Per sei mesi, la direzione ha imbarcato i comunisti nelle dispute politiciste dei “collettivi antiliberisti” prima di approdare, arretrando, alla candidatura di Marie-George, non come candidata comunista, ma come candidata di una “sinistra popolare antiliberista” che nessuno è riuscito a identificare. Marie-George si è messa in aspettativa dalla sua responsabilità nel PCF.

L’eliminazione sistematica del riferimento comunista dalla campagna ha seminato inquietudine tra gli elettori e i compagni. La sua reintroduzione negli ultimi giorni, indubbiamente finalizzata a “limitare i danni” annunciati dai sondaggi disastrosi, è stata troppo tardiva e timida per cambiare qualcosa.

Non è una questione di nome. Gli orientamenti della campagna hanno voltato le spalle al contenuto e a ciò che rende utile il voto comunista.
Facendo dell’unità di “tutta la sinistra” nelle istituzioni la condizione del cambiamento, la “sinistra popolare antiliberista” ha essa stessa nutrito la logica del voto utile a proprie spese. Essa si è sforzata di riabilitare lo schema politicista dell’alternanza e la “sinistra del si” , controcorrente rispetto alla dinamica delle lotte e alla sua ricerca di prospettiva politica.

Essa ha svalutato la portata del NO di classe del 2005 inscrivendosi nella prospettiva della rinegoziazione della costituzione dell’UE, in nome di un illusorio “trattato costituzionale dei popoli”, arrivando il direttore della campagna elettorale a dichiararsi “ferocemente pro-europeo” in televisione. In questo stato di spirito, come proporre una via efficace per combattere ad esempio la mercificazione del gas e dell’elettricità a partire dal 1 luglio?

La “sinistra popolare” si è allontanata dalle posizioni comuniste fondamentali e da un programma di rottura anticapitalista. Parole quali “nazionalizzazioni”, “proprietà pubblica dei mezzi di produzione e di scambio”, difesa e ripristino dei monopoli pubblici, sono sembrate tabù, proprio quando il caso di Airbus le rimetteva all’ordine del giorno presso l’opinione pubblica.

Essa ha anche rotto il legami con la rivoluzione cubana, che pure è la base di tutto il movimento di emancipazione in America latina.

Noi accusiamo la direzione del PCF di aver privilegiato i propri progetti di ricomposizione politica in nome di un “raggruppamento antiliberista” , escludendo le possibilità reali di rafforzamento del Partito.

Lo sviluppo di grandi lotte a partire dal 2002, la messa in scacco del CPE, il NO maggioritario alla “costituzione” europea, il crescente rigetto della mondializzazione capitalista e dei suoi effetti, tutta la situazione sociale richiedeva una candidatura chiaramente comunista, su posizioni comuniste.

La direzione ha rifiutato di permettere ai comunisti, compreso il Consiglio Nazionale, di pronunciarsi su questa scelta evidente. Si trattava della condizione per la ripresa della nostra influenza elettorale. Noi ne siamo più convinti che mai.

La direzione del PCF è ormai squalificata e la sua strategia è messa a nudo. L’insieme delle scelte operate da 10 anni prima in nome della “Mutazione”, ora del “raggruppamento antiliberista” portano alla scomparsa del PCF.

Il risultato disastroso del 22 aprile non deve servire da pretesto per una nuova fuga in avanti.

Il “raggruppamento antiliberista” e l’operazione politicista dei “collettivi” hanno dimostrato di rappresentare il contrario dell’unificazione del mondo del lavoro per combattere la politica al servizio del capitale.

Noi denunciamo ogni operazione di ricomposizione politica “a sinistra”, con frange della socialdemocrazia, che soppiantino il PCF, come in Italia o in Germania, a immagine del Partito della Sinistra Europea.

Denunciamo anche ogni tentazione di ridurre il PCF ad un sindacato di eletti satellite del PS, “radicale” come il Partito radicale di sinistra.

Per i comunisti questa deve essere l’ora della difesa e della riconquista del loro partito, acquisizione insostituibile del movimento operaio nel nostro paese.

Nell’immediato, chiamiamo i comunisti a impegnarsi per sbarrare la strada alla destra di Sarkozy e a imporre per le elezioni legislative delle candidature comuniste su un programma comunista in tutte le circoscrizioni.

La direzione dovrà rendere conto. La questione non è di tenere un congresso straordinario organizzato precipitosamente e del quale essa tirerebbe di nuovo tutte le fila. I comunisti hanno bisogno di un congresso che metta all’ordine del giorno il bilancio di tutta la “Mutazione” almeno a partire dal XXX congresso di Martigues e che impegni tutti i comunisti, compreso l’85% degli iscritti del 1994, che la “Mutazione” ha allontanato dal partito.

Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, chiamiamo i comunisti a far vivere il partito anche conto la strategia della direzione. Li chiamiamo a ricostituire su basi di lotta, sui luoghi di lavoro e nei quartieri, le organizzazioni del Partito, cellule, sezioni abbandonate dalla “Mutazione”. E’ l’unico modo per i comunisti di riappropriarsi di questo strumento indispensabile per condurre la lotta contro la mondializzazione capitalista. La situazione politica, il movimento popolare lo esigono. I tempi successivi alle elezioni si annunciano duri per il mondo del lavoro.

Il mondo del lavoro, le vittime dello sfruttamento capitalista, il paese intero hanno più che mai bisogno di un partito comunista che forgi la sua azione e le sue proposte nella lotta di classe. Essi non hanno bisogno di una nuova corrente socialdemocratica.

Facciamo vivere l’espressione e l’organizzazione comuniste! Preserviamo l’avvenire del PCF. Assumiamoci le nostre responsabilità di comunisti!

Da parte nostra, come membri del Consiglio Nazionale del PCF, eletti sulla lista alternativa, sulla base del testo congressuale “Rimettiamo il PCF sui binari dlla lotta di classe”, ci mettiamo a disposizione dei comunisti per quest’obiettivo.


Stéphane AURIOL, federazione di Parigi, collettivo PCF-RATP-Bus
Emmanuel DANG TRAN, federazione di Parigi, sezione Parigi 15mo
Fabienne DEBEAUVAIS, federazione della Somme, sezione di Amiens
Claude FAINZANG, federazione di Parigi, sezione Parigi 19mo


Nous remercions chaleureusement notre camarade italien Alessio ARENA pour la traduction.
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